Dieci anni dopo il record d'incassi cinematografico (in Giappone) di Addio corazzata Spaziale Yamato con 4 miliardi e 300 milioni di Yen, quarto posto assoluto dal dopoguerra, si assiste nuovamente ad un ritorno in massa dell'animazione al cinema, questo kolossal, annunciato da un'imponente campagna pubblicitaria che strillava i suoi costi (un miliardo di Yen) e mosso dai suoi 150 mila disegni, Akira è sostenuto in terra natia dalla popolarità del fumetto dal quale è tratto (all'epoca il manga non era ancora finito e l'autore non aveva pensato ad una vera e propria fine, donando alla pellicola una fine "cinematografica" ma non definitiva) e dal nome del suo autore e regista: Otomo Katsuhiro.
Nel cinema del Giappone la distribuzione e i risultati furono inferiori alle aspettative (700 milioni di yen) ma nell'allora fiorente mercato video ebbe un ampio margine di recupero (150 mila copie tra VHS e LD).
In Usa e Inghilterra il successo della pellicola fu così inaspettato e sostanzioso che il gruppo "Island" decise di dedicare in maniera esclusiva e specializzata una sua sottoetichetta agli anime, fu la nascita della "Manga Video Enterteinment", con la sua prima uscita Akira.
Film complesso, di radicalità cronemberghiana, indissolubile dal paese in cui ha avuto origine, con feroci stilemi, la putrescenza e la fusione delle carni con l'universo, questa pellicola è capitale per assimilare gli anime del decennio successivo (e forse pure un certo tipo di cinema internazionale), fu uno dei primi cartoni animati giapponesi dopo Il castello di Cagliostro di Miyazaki nel '79 a Cannes, a partecipare a festival prestigiosi, l'anime travalicava i confini, come un virus mutogeno e vivissimo, tramite i canali "istituzionalizzati" e non di pomeriggio sulle reti private, aveva raggiunto istituzionalmente un certo tipo di pubblico, la via per la febbre gialla del dopobomba fu aperta.
La storia prende all'incirca la metà del manga (ora conclusosi, dopo più di dieci anni), non sfiorandola neppure, citando solo esteriormente e di sfuggita "Akira", che nella pellicola è più un' Entità che un personaggio.
La fine, giudicata genialmente cinematografica da molti, fu in realtà, come quasi tutte le cose che contano in fondo, un consiglio, una specie di lavoro di squadra, tra Otomo e il suo amico disegnatore, artista, regista Jodorosky, autore insieme a Moebius della saga del fumetto francese L'incal, l'esplosione visionaria e sublime finale, centripeta, che tutto unifica e tutto muta, fu un lungo piano sequenza di molti secondi, che nella nostra prima malaugurata versione italiana (con una fugace apparizione nei cinema nostrani nel '92) fu tagliata, insieme all'esplosione della bomba che apre questa sofferta e mutogena pellicola.
Akira, possa piacere o no, ha imbastito nuove basi all'animazione tout court, di massa. (Davide Tarò)